Il genetliaco, il Redentore, la Biennale, la Laguna

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!”

Avendo, lo scorso anno, proprio “nel mezzo del cammin di nostra vita”, intrapreso il passaggio nella selva del matrimonio, esperienza forte e oscura, che ai più, “nel pensier rinova la paura”, abbiamo pensato di festeggiare questo nuovo genetliaco di Antonio a Venezia, la città in cui i leoni volano e i piccioni camminano (cit.)

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Quale migliore occasione, per esorcizzare l’angoscia di “esta selva selvaggia e aspra e forte”, se non quella in cui le intricate combinazioni astrologiche e numeriche, vedevano il coincidere del 21 luglio con la Festa del Redentore nell’anno della 55a Biennale di Arte?

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E’ stato un week end insolito, divertente, estenuante…
Il supporto, nel giro ai Giardini della Biennale, di uno storico e critico d’arte NON CONTA NULLA… poiché a nulla VALE costruire delle supercazzule sulla presenza combinata di un rettile bicefalo e un motorino Ciao se poi nel padiglione della Russia ci si inginocchia davanti ad una cascata di monete d’oro, e le donne, esseri vili come il denaro, sono le sole a poterle toccare e provare l’effimera sensazione di venirne ricoperte, al riparo, sotto fragili ombrelli trasparenti.
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Intanto fuori dall’ambiente ovattato dei Giardini della Biennale tutto è pronto per festeggiare la fine della peste che quattro, e dico QUATTROOO, secoli, 7 lustri e un anno prima aveva colpito la Serenissima Repubblica: tavolate imbandite, barche di tutti i tipi attraccate sulle rive del Canal Grande, terrazze addobbate degli hotel più rinomati. Quella del Redentore è una notte per tutti, c’è spazio per i tacchi a spillo e le mise eleganti, come per chi vuole gustarsi semplici ‘cicheti’ in sandali e canottiera.

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veneziaDopo una cena a base di sarde in saor, bigoli in salsa, petto d’anatra, cipolla, tanta cipolla, e anguria, così come prevede il Redentore in questo giorno, è cominciata la corsa per calli, campi e sottopassi per giungere in tempo sull’isola della Giudecca attraverso il “ponte votivo” e trovare un posto da cui poter vedere i “foghi” che illuminano a giorno la laguna più bella del mondo.
Nonostante i quasi tre quarti d’ora, non siamo riusciti a fare neanche una foto, completamente rapiti dallo spettacolo pirotecnico… dovete fidarvi, mai visti fuochi d’artificio così belli!
Riattraversato il ponte, il percorso a ritroso verso Piazza San Marco è stato molto più rilassato, con una tappa a Punta della Dogana, ignari (almeno uno di noi due) del fatto che Boy with a Frog di Charles Ray fosse stato rimosso ormai da tempo, con una fermata davanti a Palazzo Venier dei Leoni a sbirciare nel giardino che fu di Peggy Guggenheim, con una sosta davanti alla splendida basilica di San Marco, nella piazza ormai svuotata dei voraci piccioni e degli altrettanto famelici turisti che affollano la piazza di giorno.

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La domenica è poi trascorsa pigra e sonnolenta tra l’Arsenale, per la visita agli altri padiglioni della Biennale, e il sestiere di Cannaregio, nei cui rii, accanto alle gondole compare finalmente il MOTOTOPO, la tipica imbarcazione della laguna veneta, un essere mitologico a metà tra la zattera e il container che emette strani versi MOnoTOni e tiPOTOpi…
Siamo quindi arrivati in stazione, evitando il Ponte di Rialto e il Ponte degli Scalzi… credendo ingenuamente di poter sfuggire alla iattura dell’infinita stanchezza che colpisce qualunque turista metta piede in Laguna.

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