La fotografia: arte, ma anche strumento di sorveglianza

Zoologischer Garten e i suoi dintorni forniscono sempre, anche in prima mattina, uno spaccato di vita tra il tossico e il trasandato, tra lo squatting e l’accattonaggio.
Fortuna che il Museum für Fotografie è talmente bello da far dimenticare immediatamente perfino gli escrementi umani schivati con perizia sul marciapiede antistante.

Oltre i primi due piani, dedicati quasi per intero a Helmut Newton e ad Alice Springs, un’enorme sala ospita una mostra temporanea sui diversi metodi di sorveglianza nella storia: dalle immagini di epoca medievale del grande occhio in un triangolo, piuttosto un monito che non una reale testimonianza di quanto si potesse effettivamente vigilare, fino agli scatti di Google Heart, che ritraggono persone inconsapevoli mentre compiono gesti e azioni quotidiane, passando naturalmente attraverso la fotografia della STASI.

I progetti esposti fanno subito riflettere su quali possono essere oggi i confini tra la propria privacy e la sicurezza nazionale, pur tenendo fermo il diritto a preservare i propri diritti fondamentali e la libertà di parola e di espressione.

La visita al museo che avevamo in programma per il pomeriggio non può essere più azzeccata. In Magdalenenstrasse i palazzi del Ministero della Paranoia sono ancora lì a testimoniare cosa potesse voler dire sorvegliare la popolazione.

Il museo è anche in questo caso molto analitico e approfondito, ricco di oggetti e documenti, fotografie e testimonianze dei quasi 40 anni di storia della STASI.

Sono visitabili perfino gli uffici di Erich Mielke e, nella cucina in cui la sua segretaria gli preparava i pasti, si tasta con mano l’attenzione maniacale al controllo.

Tutto è avvolto in una luce giallina. Il mobilio ci catapulta immediatamente in una situazione di oltre cortina e impressiona il numero di telefoni sparsi per gli uffici che chissà quali comandi avranno trasmesso.

 

E non possono mancare, nel completo armamentario della sorveglianza di regime, registratori, tritadocumenti e schedari.

Infine il reperto che più ci ha colpito fin dalla scoperta della sua esistenza: i campioni di ‘odori’ presi di nascosto presso le abitazioni dei sorvegliati ed usati per addestrare i cani a ritrovarne le tracce.

3 Comments

  • Patatino 03/05/2017 at 20:53

    Inquietanti vestigia di un altrettanto inquietante passato

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  • Laura 03/05/2017 at 20:54

    Io avrei speso qualche parola in più sulla logorroica guida 😉

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    • Paola 09/05/2017 at 23:56

      Ma quella donna ti ha stregato… Non riesci a distoglierne il pensiero 😁😁😁😁

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