Nel nostro precedente viaggio nella terra del sol levante, non eravamo riusciti ad arrivare alla foresta di bambù, quindi stavolta è un MUST. Ci alziamo prestissimo e saliamo su un treno locale alle 8.15 di mattina, senza neanche aver fatto colazione, pur di arrivare a Saga – Arashiyama prima delle orde di turisti.
Questi giganteschi alberi creano con il loro verde, la luce del mattino che filtra attraverso, e l’assordante sottofondo di uccelli e insetti un’atmosfera davvero particolare, che fa venire voglia di passare più tempo a diretto contatto con la natura.
Quando di bambù ne abbiamo abbastanza rientriamo in stazione, e davanti ad un caffè ed una fetta di torta programmiamo la visita di alcune tra le più note attrazioni turistiche.
È la giornata migliore per osservare il Padiglione d’oro riflesso nello stagno: la luce è perfetta, solo il caldo è da levare il fiato.
Tanto che, per raggiungere il “giardino di pietra” che dista circa un kilometro, decidiamo di prendere un autobus, uno a caso, pur di evitare di fare a piedi anche solo 100 mt.
All’ingresso del tempio Ryoanji dei simpatici ragazzini giapponesi ci chiedono di farci da guida in inglese, per impratichirsi un po’ con la lingua… accettiamo di buon grado, in fondo siamo stati studenti anche noi. Per l’allegro chiacchiericcio non riusciamo però a cogliere l’atmosfera magica e raccolta del posto, ci perdiamo tutta la spiritualità zen e anche la possibilità di scattare qualche fotografia. Ma forse è meglio così: il silenzio contemplativo non è facile da ritrarre, ma i visi dei giapponesi contenti, quelli si.
Senza sosta e senza pietà per le nostre stanche membra saliamo al volo su un altro autobus diretti al Palazzo Imperiale e ai suoi giardini. Qua riproviamo un po’ le stesse sensazioni avute durante la nostra precedente visita: bello, interessante, ma troppo asettico e distante per poter davvero appassionare.
La pausa ce la concediamo in una pasticceria di Gion, il solo posto aperto domenica pomeriggio alle 18.00, e i dolci che ci vengono serviti sono tra i più cari e allo stesso tempo i più strani mai visti. Una grattachecca con sciroppo e palla di gelato al te verde, e gelatina di fagioli rossi e palline di latte condensato a sorpresa al suo interno, e un gommoso impasto di fagioli rossi, spolverizzato di farina di fagioli. Un gusto davvero particolare che non sappiamo se, nonostante la dipendenza che abbiamo sviluppato da tutto ciò che contiene the verde, in fondo, ci ha davvero conquistati.
Dopo una veloce doccia è ora di cena e di una passeggiata per Ponto-cho, alla ricerca delle Geishe… fortuna vuole che un taxi ne faccia scendere una, assieme alla sua Maiko, proprio davanti a noi… impossibile resistere alla tentazione di seguirle!!!
Il mattino seguente, sveglia ancor più di buon’ora; ma questa è una storia diversa che racconteremo a breve. Il resto della giornata si svolge in un pellegrinare senza sosta tra un tempio e l’altro.
Il più affascinante è, probabilmente, quello di Sanjūsangen-dō con le sue mille e una statue di Kannon. Di questo non abbiamo però alcuna testimonianza fotografica in quanto le regole di comportamento in questo tempio sono abbastanza rigide al riguardo. Poco male però, per chi fosse curioso al riguardo, google è tuo amico.
Ciò che sicuramente non abbiamo avuto difficoltà ad osservare è stata la presenza di orde di giovani ragazze in yukata (una sorta di kimono estivo anche se non è un abito formale) intente a fotografarsi. Il fenomeno è sicuramente carino e abbastanza pittoresco. Il dubbio che ci rimane è, però, quanto sia un gesto naturale o piuttosto una moda legata alla passione per il travestimento tipica di queste parti.
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