Siamo usciti presto questo primo giorno, per vedere se il cielo azzurro di primo mattino, rendesse blu anche il fiume.
E no, non è così purtroppo. La città è splendida e brilla di una lucentezza tutta sua, ma il Danubio da queste parti è di un color ocra scuro, tendente al tortora.
Affrontiamo impavidi i leoni senza lingua del Ponte di Catena e prendiamo la comoda Sikló per raggiungere la collina di Buda.
Da lì il panorama è semplicemente incredibile e i torrioni in stile fake-magiaro del Bastione dei Pescatori sono un ottimo punto di osservazione della piazza con la chiesa di Mattia, completa di una statua equestre di Re Stefano e di una colonna commemorativa di una qualche pestilenza passata, e dei quartieri di Pest al di là del Danubio.
Dopo qualche tentativo di fotografare il Turul, la leggendaria aquila che generò la prima dinastia dei re ungheresi, sotto un cielo oramai della stessa tonalità del fiume, decidiamo di proseguire su questo lato del fiume, fino a raggiungere le terme dell’Hotel Gellért, passando dietro la monumentale statua del santo omonimo, con vista, dall’alto della falesia, sul ponte di Elisabeth… La statua dell’amata imperatrice Sissi non pervenuta.
Attraversiamo, per tornare a Pest, passando sul Ponte della Libertà, spinti dall’ossessione di conquistare una prima pasticceria tutta ungherese.
La nostra scelta cade sul Caffè Central, in cui un’incredibile atmosfera di inizio XX secolo ci proietta immediatamente nel secolo scorso.
L’esterno del caffè ci riserva ancora un’ultima sorpresa: infatti, parcheggiata in bella posa troviamo una preziosa Trabant, segno tangibile del passato di questi luoghi, con tanto di catenaccio in vista onde evitare ogni possibile tentazione di furto.
Per la cena rientriamo nel quartiere di Belváros passando per Vaci utca, piena di negozi di souvenir, e poi ci concediamo ancora un po’ di tempo per cercare di rubare ancora, con la macchina fotografica, qualche meraviglioso istante a questa città.
Come i baci degli innamorati sulle sponde del Danubio.
E a proposito di Danubio Claudio Magris scrive che, già nel mito dei Nibelunghi questo fiume fronteggia e sfida il Reno: mentre quest’ultimo rappresenta l’eroe Sigfrido, la personificazione della virtù germanica, della fedeltà e dell’eroismo cavalleresco, il Danubio è la Pannonia, il regno di Attila, del condottiero delle genti asiatiche destinate a travolgere le città tedesche. Il Danubio è da sempre ammantato di un’aura antitedesca, è il fiume su cui si incontrano e si mescolano popoli e culture differenti, a differenza del Reno che scorre per un lungo tratto sul confine tra la Germania e la Francia e si erge a custode della purezza germanica.
“È il fiume di Vienna, Bratislava, Budapest, Belgrado, della Dacia, il fiume che cingeva l’Austria asburgica, la koinè plurima e sovranazionale, l’impero il cui sovrano si rivolgeva <<ai miei popoli>> e il cui inno era cantato in 11 lingue diverse”.
C.Magris – Danubio
Difficile dirlo con parole migliori di queste, impossibile esprimere questo concetto, questo mood, meglio di quanto faccia Magris.
[…] Gabriele, sono rappresentati il principe Árpad (quello la cui nonna fu ingravidata dal Turul, il padre del Re Stefano, per intenderci) e i suoi condottieri che guidarono le 7 tribù magiare […]
ma che belle le chicche culturose in chiusura di post!
Però Sissi è un po’ “petrusino ogni menesta”, è ovunque :-)))
Che ci devo fare, mi piace più di ogni altra cosa, leggere di popoli e genti, per cercare di carpire qualcosa in più di quanto si riesca a cogliere da un fugace viaggio di un we.