Quest’anno per evitare il gran caldo di luglio e il caos del weekend del Redentore decidiamo di andare a vedere la Biennale di Arte a ottobre, approfittando anche della splendida mostra di Damien Hirst, rischiando la pioggia e scansando le solite greggi di croceristi che inseguono palette colorate e numerate.
Ci cimentiamo stavolta anche in una specialità nuova: lo zigzag gigante tra le pedane per l’acqua alta e le transenne per la maratona, sopra i canali interrati, oltre i ponti, attraverso i campi, di bacaro in bacaro, fino ai Giardini, sede dei padiglioni espositivi.
In un piccolo cortile, lungo la Riva degli Schiavoni, tra i palazzi della Venezia degli anni 60, quella in cui compaiono ancora oggi i panni stesi, scopriamo delle sculture iper-realistiche di Carole A. Feuerman, un’artista contemporanea, che sanno di mare, di estate, di sole, di evasione: una proiezione immediata in uno spazio/tempo lontano, perfetto, popolato di corpi tonici e visi sognanti, che sembrano trascendere con estrema semplicità e compostezza.
Poi alla Biennale, qualcosa di divertente, che sa poco di arte la troviamo perfino.
Trascorriamo la sera nella zona del mercato di Rialto, tra i piccoli moli di attracco delle barche, estasiati dalla bellezza di questa città che, come un Narciso, non smette mai di specchiarsi e rimirarsi nelle acque dei suoi canali.
Domenica mattina di buonora (ancora prima che il museo apra le porte ai visitatori) andiamo a Palazzo Grassi per vedere la prima parte della mostra “Treasures from the wreck of the unbelievable“. Nell’ampia corte ci accoglie la statua enorme di un demone acefalo con in mano una ciotola per la raccolta del sangue umano, e di fianco una testa con mostruose fauci spalancate e occhi a bulbo… è un attimo e siamo catapultati in fondo al mare, nel relitto di Cif Amotan II e i suoi tesori naufragati a largo della costa orientale dell’Africa. Basta poco e ci ritroviamo nel fantastico mondo che Damien Hirst ha saputo creare appositamente per i visitatori, che tra incredulità e scetticismo si aggirano tra le innumerevoli opere esposte.
Nelle sale ce ne sono di veramente strabilianti, tutte corredate di didascalia esplicativa, proprio come in un museo di archeologia, e pezzo per pezzo Damien Hirst narra la sua storia. Tutto è chiaro, preciso e coerente, ma allo stesso tempo divertente; fa sorridere e contemporaneamente fa riflettere. Si riesce ad andare oltre la mera percezione visiva, il piacere da sensoriale diventa conoscenza e consapevolezza.
Lungo tutta la mostra l’arti-star spiega il ritrovamento dei tesori in fondo al mare, la catalogazione dei reperti, corredando tutto di fotografie e filmati; ogni tanto compare un suo autoritratto, nei panni del collezionista Amotan, ricoperto di incrostazioni e coralli e, tenendo per mano Mikey Mouse, ci strizza l’occhio e ci impartisce la sua lezione su cosa sia l’arte oggi: la creazione di un marchio personale ed originale, nella piena astrazione dal sistema istituzionale, e poi stupore, sorpresa, qualcosa di assolutamente inatteso, che possa sembrare reale, ma che non può e non deve mai esserlo, che lasci intravedere cosa sia vero in una storia inventata, che insinui da subito il dubbio su cosa sia autentico e cosa non lo sia, che faccia riflettere sull’eterna dicotomia tra verità e bugie.
Ci siamo divertiti a rintracciare nei molteplici oggetti in mostra i marchi moderni, i robot dei manga del XX secolo, e nella statua della principessa egizia riscoprire il ritratto della cantante Rihanna e sul marmo l’incisione di tutti i suoi tatuaggi, dal più piccolo e insignificante al più evidente ed eclatante.
Lasciamo anche il palazzo di Punta della Dogana saturi di bellezza, affascinati da questa storia immaginifica, consci che si può credere a tutto e a niente, ma che l’arte è il modo più umano che abbiamo per sognare, per pensare e per comunicare.
Prima che il treno ci riporti in terra ferma facciamo ancora un giro a Cannaregio, nel vecchio quartiere ebraico, dove sembra che il tempo si sia fermato, per imprimere nella nostra memoria un’ultima immagine di questa INCREDIBILE città d’acqua.
La fotocamera a 360° è mitica AHAHAHAHAHAHAHAHAH 🙂
Dobbiamo farci un giro a Roma con la 360