Da Berna a Zurigo e neanche un babbarello

Le previsioni del tempo danno vento e precipitazioni nevose tutto il week end, ma noi impavidi lasciamo scarponcini antighiaccio e Timberland a casa, armati di sole sciarpe, cappelli, guanti e un “salvavita” a testa affrontiamo in treno le Alpi svizzere.

Arrivati a Berna il cielo è grigio e già carico di neve. L’aria è fredda e pungente, ma siamo in modalità esplorativa, quindi un parco pranzo sul crinale del Berenpark e partiamo alla ricerca di souvenir nei mercatini natalizi. Per la cronaca: gli orsi della capitale sono in letargo.

Ci accontentiamo di tutte le loro rappresentazioni di cui è piena la città. I weihnachtsmarkt sono un po’ deludenti, ma al tramonto le lucine che si accendono e un vino caldo sono sufficienti a rendere più tiepida l’atmosfera.

Per cena: FONDUE, poiché il formaggio è un must in questa parte di mondo. Troviamo un posto molto carino grazie al suggerimento di un ragazzo in hotel.

Secondo giorno: piove a dirotto. Quale migliore occasione per rifugiarsi in un museo. A Berna ce ne sono diversi, ma optiamo per quello su Albert Einstein, che seppur bavarese di nascita e vissuto in diverse parti del mondo, fu proprio qui a Berna che elaborò la sua teoria della relatività.

Quando usciamo dal museo un timido sole si affaccia. Ma è solo una finta: in brevissimo tempo nevica, ma rimaniamo comunque ad osservare l’orologio della torre che scandisce l’ora. Insomma non è che poi sia così entusiasmante. Qualche minuto prima una processione di orsi che indossano i colori della città, qualcuno a quattro zampe e qualcuno in posizione eretta, 3 canti del gallo, e una clessidra che viene capovolta. Antonio ha sempre in mente i rintocchi del mezzogiorno sul Duomo di Messina, quindi tutto il resto è solo una pallida imitazione, perfino qui nella terra degli orologiai.

Per cena un bell’hamburger in un vecchio ristorante cinese e poi sotto la neve che fiocca corriamo in hotel.

Terzo giorno: si parte per Zurigo e fuori è tutto bianco di neve. Qualche disagio ma la strada fino in stazione è breve e l’entusiasmo per un così insolito panorama compensa tutto. E poi il viaggio in treno, al caldo, guardando dal finestrino le vallate bianche e assolate ci entusiasma, facendoci dimenticare per un attimo il freddo intenso e i piedi bagnati.

Zurigo è d’impatto bellissima, baciata dal sole e brulicante di gente. Ma in un attimo è di nuovo neve. Ci conquista comunque con il suo fiume, il lago, i vicoli della città vecchia, le sue chiese con i campanili e l’orologio, quello con un quadrante di poco meno di nove metri, il più grande d’Europa, la cui lancetta dei minuti si sposta ogni volta di 45 centimetri.

Un salto al mercatino in attesa del tramonto e poi di nuovo sul lago per fotografare i riflessi delle luci del circo sull’acqua su cui nuotano i cigni e navigano impavidi canoisti.

Per cena una bella birreria con musica dal vivo dello scalcagnatissimo gruppo dei Granadas & friends è quello che ci vuole. Assieme ad una cotoletta e un cordon bleu la compagnia di un pazzo scriteriato, che per tutta la sera tenta invano di fare conversazione con noi in tedesco. Ci godiamo lo spettacolo degli avventori del locale: signorazze che si lanciano scatenate, alla maniera svizzera, in balli e ancheggiamenti ammiccanti, diversi sosia di Capitan Findus e anche uno di Einstein.

Quarto giorno: ancora neve. È neve tutto il giorno, è neve costante e fastidiosa, è neve che penetra nelle ossa e inzuppa le scarpe e le calze, è neve che fa camminare a capo chino, che ci obbliga a guardare per terra senza darci la possibilità di ammirare la città che ci circonda.

Dopo aver visitato la Fraumunster per le vetrate di Chagall troviamo riparo in stazione, all’asciutto, in attesa che parta il treno per Milano. Un po’ tristi per non aver trovato neanche un souvenir natalizio, se non biscotti e cioccolata, per non essere riusciti a sfruttare appieno il nostro ultimo giorno di vacanza, ma pur sempre consapevoli che Zurigo merita una visita in un’altra stagione, una in cui non ci sia alcuna minaccia di neve.

2 Comments

  • Patatino 18/01/2018 at 15:40

    la sciarpa islandese ha resistito al freddo intenso di Zurigo!

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    • paola 18/01/2018 at 17:58

      si è sempre una garanzia. la uso sempre quando devo affrontare posti freddissimi

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