La mattina oltre le finestre della nostra camera imperversa un temporale estivo in piena regola: siamo sopra i 2000 mt e ci sono appena 10° C, pioggia, vento e nebbia. Indossati pantaloni lunghi, felpa e giubbino decidiamo comunque di andare ad affacciarci dal Rim. È una meta “imprescindibile”, non possiamo rinunciare così facilmente.
Per strada cinque cervi appena svegli decidono di attraversare il bosco proprio davanti alla nostra auto. Grazie ai riflessi pronti di Caterina e al doppio caffè già in circolo da un po’ riusciamo, almeno oggi, a non alterare gli equilibri della fauna di questo parco nazionale.
Il panorama è sconfortante, un déjà vu: sembra di essere nuovamente ad Hakone sulle rive del lago Ashi, dalle quali avremmo dovuto scorgere il monte Fuji.
Ma in realtà la fortuna è dalla nostra, la nebbia sale velocemente e si cominciano a scorgere già i primi camini, o Hoodoo, come chiamano da queste parti i pinnacoli di roccia erosi dal giaccio.
Si intravedono le punte bianche di calcare e poco alla volta anche le loro fragili basi arancioni.
La luce non è ancora ottimale, ma decidiamo di provare a scendere per vedere se dal basso la prospettiva possa essere migliore.
In fondo alla prima metà di percorso un ranger ci rassicura sul fatto che il tempo migliorerà entro mezzogiorno.
Risaliamo a cuor leggero, ci riforniamo di acqua e barrette energetiche e scendiamo ad esplorare l’Amphitheater da un nuovo punto. Raggiungiamo il bosco di alti abeti e risaliamo esaltati dal cielo azzurro sopra di noi che crea splendidi contrasti con i comignoli rossi, arancioni e bianchi.
Ancora qualche altro scatto da altri punti panoramici e poi, tronfi e pieni di ottimismo ci dirigiamo a sud-ovest, verso lo Zion, oramai certi di sopravvivere anche al canyonering.
Ma tutta questa attività fisica gli fate fare a quel povero Antonino????
E il peggio deve ancora venire…