Due giorni non posson bastare

Il 31 agosto è l’ultimo giorno di ferie e dobbiamo ancora vedere un sacco di cose.
Partiamo da Union Square, la piazza centrale della metropoli californiana, e, varcata la porta verde del Drago, corredata di statue di leoni, ci addentriamo tra le vie di Chinatown.

Ci perdiamo tra le sue stradine, i suoi negozi strapieni di cianfrusaglie, le sue insegne e i suoi lampioncini.

Facciamo una sosta a Portsmouth Square, dove gli abitanti del quartiere assiepati sulle panchine giocano a carte su tavolini di cartone improvvisato.

A Stockton Street ci fermiamo ad osservare il loro cibo, quasi tutto essiccato, esposto sui banconi che ingombrano i marciapiedi, i loro ristoranti frugali e le loro rosticcerie e friggitorie affollate.

La Sesame Ball ci conquista subito, ma l’interazione con la gente di qui, che sfocia nelle onomatopee, è difficilissima, quasi al limite dell’assurdo.

Riusciamo comunque a mangiare qualcosa e dopo aver scovato in un vicolo la più grande fabbrica di biscotti cinesi, ripartiamo alla ricerca di City Lights Bookstore, un’istituzione di San Francisco, il posto in cui nasce la letteratura della Beat Generation. E’ nell’angolo in cui la Broadway incrocia la Columbus, l’unica avenue che taglia perpendicolare i perfetti rettangoli topografici di questa città e che conferisce alla libreria la forma di una fetta di torta.

Torniamo a Union Square per un giro sul Cable Car, l’ultima rete al mondo a trazione funicolare, un autentico magnete per turisti.

Scendiamo in Lombard Street, stracolma di auto in parata lungo i suoi tornanti, la percorriamo per raggiungere il porto, i negozi di souvenir e i ristoranti che servono piatti a base di granchio.

Dopo cena ancora una volta nella sua centralissima Union Square per una fetta di torta da Cheesecake Factory sul tetto di un grande magazzino ad osservare gli attici e le luci di questa incredibile città.

La certezza di aver sfruttato appieno tutto il tempo che avevamo a disposizione a San Francisco ci consola mentre guardiamo immobili il panorama della baia dal finestrino dell’aereo, ma la pienezza della sua vista ci rende consapevoli che due giorni non possono bastare, e allo stesso tempo ci rassicura sul fatto che torneremo.

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