Ecco cos’è una talha dourada

Il nostro giro del Portogallo comincia il venerdì santo da Porto, questa incantevole città che si erge fiera sul fiume Douro, incurante delle ripide ascese, orgogliosa nella sua nobile decadenza, consapevole del suo irresistibile fascino.

È stracolma di turisti, tanto che le ore previste per entrare nella libreria di Lello&Irmãos, che ha ispirato la J.K. Rowling per la biblioteca di Hogwarts, e quelle per salire sulla Torre dos Clérigos ci scoraggiano all’inizio della mattina. Eppure i pasteis de nata divorati a colazione in una tipica panetteria/pasticceria di quartiere, tra portoghesi che mangiavano con gusto pane appena sfornato ricolmo di burro, ci aveva messi di buon umore.

Vaghiamo a caso: prima la stazione de São Bento, che nasce come vero e proprio monumento, tanto da esser priva di elementi funzionali, quali le biglietterie; poi le chiese, alcune splendidamente ricoperte di azulejos, altre di impianto romanico o gotico con stratificazioni successive barocche e rococò.

Apprezziamo le facciate dell’architetto Nasoni, e la granitica cattedrale, che si eleva sopra i tetti della città, come una fortezza. Pranziamo nell’assolata Praça da Ribeira e visitiamo il Palácio da Bolsa, i cui saloni, quello dorato e quello arabo, non sono valsi a Porto per mantenere il titolo di capitale della finanza, perso definitivamente nel 1996 a favore di Lisbona.

Ma più di tutto ci colpisce la Igreja de São Francisco: qualcosa a cui non si può in alcun modo arrivare preparati. Uno scheletro gotico e austero nasconde una talha dourada che è un delirio di barocco, un tripudio in legno e oro che lascia increduli e avidi di dettagli sempre nuovi. Il capolavoro assoluto è una raffigurazione dell’albero di Jesse in legno policromo così ricco e carico di elementi che a guardarlo ci si sente smarriti tra santi, profeti e babbarelli. Non da meno è una cappella, nella navata destra in cui dei “diorami” simulano in maniera macabra la persecuzione dei frati francescani in Marocco. Non abbiamo purtroppo alcuna testimonianza, perché le foto sono proibite all’interno della chiesa, ma basta dire che fù definitivamente chiusa al culto, quando con un po’ di buon senso, si pensò che una simile ostentazione di ricchezza fosse indecente difronte agli abitanti del quartiere che morivano di fame e miseria.

Il resto della giornata lo trascorriamo nel lento attraversamento del Douro lungo il ponte Luís I, passeggiando sulla sponda opposta, a Vila Nova de Gaia, oltre i rabelos oramai in disuso, tra le cantine e in un’atmosfera rilassante e allegra. Rimaniamo a osservare gli edifici di Porto colorarsi di rosa e poi di ambra mentre l’aria è satura dell’odore del vino.

Non possiamo non provarne qualcuno e prenotare una visita guidata in una cantina. Scegliamo la Ferreira, perché evidenziata su una guida avuta in prestito e consigliata da Maria, la nostra fantastica host di Porto. Ascoltati i racconti sulle tradizioni centenarie di questa terra e sui segreti di questo nettare conservato in botti pregiate alla fine del tour assaggiamo un ottimo bianco e un LBV, acquistiamo una bottiglia perché ci accompagni nei prossimi giorni qui in Portogallo, e partiamo alla volta di Braga, ricongiungendo la nostra strada a quella percorsa da Saramago quasi quarant’anni fa.

2 Comments

  • Laura 23/04/2019 at 10:16

    I pupazzi!!! Altro che diorami… i portoghesi come gli spagnoli hanno una passione per i pupazzi 😂😂😂

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    • paola 02/05/2019 at 10:04

      pupazzi. mi piace di più e rende meglio. 😀

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