È martedì e alle 9.00 è già ora di correre sotto le mura del Cremlino per individuare la giusta coda e farsi portare dal flusso, dritti all’ingresso del Mausoleo di Lenin. La piazza Rossa in questi giorni è interamente occupata da transenne e spalti per spettatori, in attesa di una presunta festa di fine estate, con tanto di concerti, spettacoli pirotecnici ed eccezionale partecipazione del corpo Alpini Italiani. È molto difficile intravedere le reali dimensioni di questo enorme quadrilatero, simbolo della rivoluzione trionfante, un tempo teatro di solenni parate militari, tanto straordinarie da dover rendere necessario abbattere la Cattedrale di Kazan e la Porta della Resurrezione per consentire il passaggio dei carri armati. C’è molta confusione negli spazi angusti creati da queste strutture erette temporaneamente, ma riusciamo in ogni caso a raggiungere i metal detector preposti al controllo dei visitatori della tomba di Lenin. Il cupo edificio che ospita le spoglie oramai rese immortali dell’artefice della Rivoluzione d’Ottobre ha la forma di piramide, è in granito rosso e grigio e sopra la porta di accesso le sole 5 lettere in cirillico a formare la parola ΛΕHИH.
Ci raccomandano di non sostare, ma di continuare a camminare mentre si percorre il perimetro attorno alla salma, di non scattare fotografie e di rimanere in silenzio. I poliziotti posti a guardia del monumento sembrano più alti e minacciosi, più severi e freddi di tutti quelli che abbiano incontrato finora, così eseguiamo gli ordini mestamente e qualche istante dopo restiamo attoniti davanti al corpo nella teca, ricoperto da un telo fino alle ginocchia, le mani aperte e tese, il viso perfettamente illuminato, gli occhi chiusi e la bocca in un eterno silenzio. Il busto ci appare irreale e quasi interamente spalmato su tutta l’ampiezza dello scrigno, ma abbiamo poco tempo, tratteniamo il respiro nella luce fioca della cripta e ci avviamo verso l’uscita. L’esposizione di questa maschera funebre policroma così tanto rimaneggiata negli anni da sembrare ormai artificiale appartiene a un popolo, a un epoca, a una cultura che ci appaiono ora ancor più impenetrabili, poiché non è soltanto la volontà di trasformare un leader politico in mito o leggenda, ci sembra qualcosa di più profondo, che attiene alla sfera spirituale e psicologica che arriva a sostituire la religione con l’ideologia. Perché la volontà di preservare questo feretro ricorda i tanti santi le cui spoglie sono custodite sotto vetro nelle cattedrali di tutto il mondo.
E pensare che Stalin, l’ideatore del Mausoleo di Lenin, fece compagnia al leader della rivoluzione, nella sua uniforme da generalissimo con lustrini, medaglie e bottoni d’oro, per 7 anni, fin quando, nella notte di Halloween del 1961, approfittando della chiusura della Piazza Rossa in occasione dei preparativi per la parata del 7 novembre, il KGB portò via la salma e la seppellì sotto le mura del Cremlino. Intanto i titoli dei quotidiani in quei giorni erano tutti per la Bomba Zar, un potente ordigno all’idrogeno mai sperimentato fino ad allora e fatto esplodere nel Mar Glaciale Artico. Prima che la piazza fosse riaperta era stato anche sostituito il monolite con l’insegna, riportando quello originario con il solo nome di Lenin, lo stesso che compare ancora oggi, che qualcuno fortunatamente aveva preservato, contravvenendo agli ordini di distruggerlo. Con l’ascesa al potere di Chruscev, nel prendere le distanze dal triste totalitarismo di Stalin, comparve sulla Pravda anche questa splendida poesia:
“E io, faccio appello al nostro governo con questa richiesta,
di raddoppiare, triplicare le sentinelle alla sua lapide,
perché Stalin non torni, e con Stalin, il passato”.
Sotto un cielo cupo e minaccioso di pioggia ci concediamo una breve sosta per il pranzo al Parco Gor’kij e poi corriamo verso il convento Novodevicij, costruito durante il regno di Ivan il Terribile attorno alla Cattedrale della Vergine di Smolensk. È un vero peccato che oggi l’intero sito sia in ristrutturazione, perché se non fosse stato per gli operai, che in questo Paese lavorano alacremente tutti i giorni fino a tardi, non si sarebbe udito alcun rumore; sembra veramente di essere in un altro mondo, non più a Mosca. Adiacente le mura del convento sorge l’ancor più noto cimitero di Novodevicij, che dopo la Rivoluzione di Ottobre diventa il luogo di sepoltura delle persone con un “status” sociale. In pochi metri ci si può trovare davanti alle ultime dimore di Cechov, Bulgakov, Gogol, o anche di Mayakovsky piuttosto che Shostakovich, Boris Yeltsin e Nikita Chruscev, un’affascinante passeggiata nella storia tra poeti, scrittori, musicisti, artisti, politici, cosmonauti, e ancora ballerine e cantanti d’opera. Alcune di queste tombe nell’erba alta versano in stato di abbandono, indipendentemente dalla notorietà del loro inquilino, e qua e là, negli stretti sentieri che le delimitano vediamo qualche lattina di birra o bottiglia di vodka, poiché è usanza versarne qualche goccia e poi bere col morto. E infine impossibile non notare la tomba del clown Durov, di cui ignoriamo le sorti, ma di cui possiamo provare a intuire l’amore dei suoi fan, in un Paese in cui il circo è una cosa seria.
Rifocillatici in una caffetteria puntiamo dritti alla Prospettiva Kutuzovskij, per i palazzi di epoca staliniana in cui abitavano gli uomini al vertice dello stato sovietico che si ergono sui suoi lati, per il monumento equestre dedicato al comandante dell’esercito russo, il principe di Smolensk, vecchio e sovrappeso, stratega dalle alterne fortune, ma pur sempre l’immenso eroe che salvò il Paese dall’invasione di Napoleone, per l’arco di Trionfo che fu fatto erigere proprio per scimmiottare quello più noto, parigino degli Champs Elysées, ma soprattutto perché da quando Antonio ha letto Guerra e Pace è “letteralmente” ossessionato da Kutuzov.
Riusciamo poi, dopo una lunga passeggiata sulla prospettiva, a scorgere i grattacieli della Moskva City, un attimo dopo il tramonto del sole.Per cena scegliamo il DEPO, proprio vicino al nostro hotel, uno dei migliori mercati gastronomici della capitale, aperto proprio a inizio di questo anno in un vecchio deposito di tram.
Aaaaaah i cimiteri …. il fascino dell’eternità 😬
Parole saggi 😏😏