I nuvoloni che hanno minacciato pioggia durante tutta la settimana hanno trovato oggi il coraggio di scaricare buona parte della loro acqua su una città grigia, che già si veste d’autunno.
Quale migliore occasione per visitare allora il museo sotterraneo di Mosca: la sua metropolitana. Il progetto fu varato da Stalin negli anni ’30 e oggi è la più sontuosa al mondo, così ricca di marmi, statue, bassorilievi, stucchi, mosaici e lampadari; è un capitolo di storia oltre che un efficiente mezzo di trasporto.
Lunga circa 350 chilometri, con treni che viaggiano per 20 ore al giorno a intervalli regolari di 90 secondi trasportando quotidianamente oltre 6 milioni di passeggeri, si estende su 13 linee che si incrociano più volte e più volte e, per l’interessante fenomeno tutto russo, ogni incrocio prende nomi differenti, uno per ciascuna linea che si interseca in quel punto, cosicché se sono 2 le linee convergenti allora la fermata ha 2 nomi, se le linee sono 3 i nomi diventano 3, e così via.
Una delle stazioni più belle è proprio quella nei pressi del nostro hotel, la Mayakovskaya, che fu premiata all’Esposizione Universale di New York nel 1939. È in stile art déco con esili colonne rivestite di acciaio, lunette nei cui mosaici sono rappresentate scene della conquista del cielo e dell’esplorazione spaziale e un’illuminazione artificiale molto ben studiata, poiché discende da cupole, sul cui perimetro sono installati innumerevoli piccoli lampioni.
È tra le più profonde e fu rifugio antiaereo durante la Seconda Guerra Mondiale, o meglio la Grande Guerra Patriottica, come sono soliti ricordare i russi la strenua difesa intrapresa dall’Armata Rossa contro l’assedio nazista.
In epoca staliniana la metropolitana era considerata anche rifugio antiatomico, e pare che esista perfino una rete sotterranea parallela che collega la sede dell’ex KGB (oggi FSB), il Cremlino e l’aeroporto Lubjanka per consentire alle personalità politiche e militari di evacuare in tutta sicurezza in caso di attacco.
Ogni stazione è costruita in uno stile proprio e segue un particolare tema. Splendide sono la Komsomolskaya, con la volta illuminata da sontuosi lampadari appesi a un soffitto ricco di stucchi e decorazioni e la Kievskaya, con i suoi corridoi ricoperti di marmi bianchi e mosaici che celebrano ambienti bucolici e l’amicizia tra russi e ucraini, oggi forse non più così realistica.
Un capitolo a parte meriterebbero le scale mobili che portano giù negli abissi, fino -63 metri, come nel caso di Park Pobedy, a velocità sostenuta, perfino regolabile rispetto all’affluenza di passeggeri, e presiedute, ciascuna di esse, da un addetto, seduto in un gabbiotto, con il compito di bloccare il meccanismo in caso di incidente.
Ci sono poi stazioni con vetrate decorative che conferiscono agli ambienti sotterranei un’incredibile luminosità, e ovunque la stella rossa, le spighe di grano e la falce e il martello. Sottoterra sembra che il tempo si sia fermato e che qui si celebri ancora, ogni giorno, la rivoluzione. Un esempio è la Ploscad Revolijcii nei cui corridoi si alternano, come in un gioco di specchi, 76 statue di bronzo che raffigurano operai, soldati, contadini, pescatori, uomini e donne, vecchi e giovani: le gente comune, il popolo, i veri eroi della Rivoluzione di Ottobre. In fondo un bambino, sollevato dalle braccia del padre, come a volergli mostrare il futuro e a voler rappresentare egli stesso il futuro.
Oltre la propaganda traspare una visione traboccante di fiducia e di cieca speranza, il reale sogno di una vita migliore, l’estasi per un nuovo inizio vibrante di un ottimismo e di un’energia oggi inconcepibili.
È il frutto di una fantasia che non potrà mai realizzarsi e in cui nessuno crede più, ma non per questo però è meno vera e meno bella.
Alcune statue hanno delle parti lucidissime, tante sono le persone che giornalmente passando le strofinano. Tra queste il muso del cane appostato accanto alla guardia di frontiera pare porti fortuna agli studenti prima degli esami, la cresta del gallo è propiziatoria nelle questioni di denaro, e le bandiere di segnalazione del marinaio aiutano a viaggiare più spesso.
E poi, su tutta la rete metropolitana, neanche un manifesto pubblicitario, a guastare l’atmosfera solenne e ovattata da sogno di inizio Novecento.
Tra queste banchine e su questi treni passa la città intera: il campionario vario e colorito del melting pot moscovita che a guardarlo ci si riempie gli occhi di storie, razze, situazioni, atteggiamenti, condizioni sociali ed economiche.
Intanto è già trascorsa una settimana, siamo a metà vacanza e oggi pomeriggio il SAPSAN ci porterà attraverso la sterminata campagna russa, oltre gli acquitrini e le zone paludose, fino alla foce della Neva nel Golfo di Finlandia, a San Pietroburgo.
Ma abbiamo ancora il tempo di visitare l’Armeria, tra le mura del Cremlino, e ammirare i tesori degli zar: i gioielli, i vasi, le porcellane, gli orologi, i paramenti ecclesiastici, le armi, i doni dei sovrani stranieri ospiti della corte russa, e poi anche una collezione di uova dei gioiellieri Fabergé, scettri, ogni sorta di monile, la Corona di Monomaco posta sulle teste dei sovrani per 178 anni, fino a Pietro il Grande e il trono di Ivan il Terribile. La magnificenza degli oggetti custoditi nelle teche di questo museo è inestimabile: pietre preziose e oro, puro e autentico oro, forgiato con arte. Non ci sono parole per descrivere la minuzia e la raffinatezza dei dettagli: un’arte barbarica non per questo meno ricca e ingegnosa.
Ci lascia atterriti il pensiero che quanto esposto in queste sale sia solo una minima parte delle ricchezze smisurate e del folle e sacrilego sperpero degli Zar, contrapposto all’infernale miseria dei villaggi affamati della campagna russa.
Con un tuffo al cuore si prende coscienza della tensione universale tra ricco e povero, che qui si è estesa a dimensioni titaniche. E si comprende perché essa ha finito per esplodere una volta per tutte con tanta violenza, con un tale colossale scossone [….] in nessun altro luogo si comprende la vera natura della Rivoluzione russa.
S. Zweig – Viaggio in Russia
Mentre il treno lascia la capitale, la osserviamo dileguarsi lentamente, così vasta, caotica, disarmonica, eppure così straordinariamente sorprendente. È strana la sensazione che si prova allontanandosene, non è una bella città, non è il posto in cui ci sente a casa, né tanto meno quello in cui si sogna di viverci, ma è sicuramente indimenticabile.
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