Una collezione di immagini da cartolina

Davanti ai nostri occhi, oltre i finestrini del Sapsan tutto è in movimento: gli alberi di betulle e conifere, le nuvole, il vento, e perfino le case con il tetto spiovente, che ci ricordano quanto può essere bianco e freddo questo Paese in inverno.
La stazione Moskovsky (sempre per lo stesso principio per cui il nome deriva dal termine della corsa dei treni, che in questo caso, in senso contrario rispetto al nostro viaggio, è Mosca) si apre in un’ampia piazza, molto vicina alla Prospettiva Nevsky; sappiamo che trattasi di una delle arterie più importanti di San Pietroburgo, il suo cuore pulsante, ma non sappiamo ancora che finiremo per percorrerla spesso nei giorni seguenti.

Ci guardiamo attorno e l’impressione è quella di una metropoli molto più consueta, quasi familiare.

La seconda capitale della Russia non è completamento di Mosca, è piuttosto il suo opposto. Tanto Mosca è sorta spontaneamente dal caso e dall’assembramento del popolo, quanto l’antica città degli zar, determinata e piena di volontà, sembra stata progettata in modo pianificato e autoritario; l’una cresciuta dall’impulso, l’altra dettata da una volontà repentina e dispotica; l’una che guarda all’Asia fino al remoto orizzonte della Tartaria e della Cina, l’altra volta verso l’Europa. Niente qui del caos architettonico che a Mosca raccoglie tutti gli stili e mode dell’architettura in un ballo in maschera di pietra; no, si percepisce immediatamente che un’unica volontà autocratica ha voluto di punto in bianco una città e l’ha realizzata esattamente come la voleva il suo signore e antenato, Pietro il Grande. Il modello era Amsterdam. Ma con l’intuizione di una futura universalità della Russia, egli ne ha ampliato la dimensione, ben trecento anni prima, in stile americano. […]
Lo sperpero russo in fatto di spazio ha trovato l’occasione di esprimersi voluttuosamente nella pietra dura e, anche dopo tre secoli, questi edifici marmorei e queste facciate, queste avenues larghe quanto piazze appaiono tuttora monumentali ai nostri occhi, abituati a New York e alla Parigi napoleonica.
S. Zweig – Viaggio in Russia

A cena, davanti a un piatto di pelmeni conditi con l’onnipresente panna acida, progettiamo, per i 2 giorni successivi, di collezionare tutte le icone dell’antica capitale. Sembra che la maggior parte dei monumenti principali sia concentrata in un’area circoscritta, e allora siamo pronti a sfidare i canali, le vie, i ponti e le ampie prospettive per qualche immagine da cartolina. Non percorreremo tutte e 7 le sue isole, ma proveremo a girovagare, impiegando le ore come fanno molti protagonisti della grande letteratura russa, sfruttando la piena luce estiva piuttosto che le cupe e tristi atmosfere dostoevskiane.
Prima tappa: la Cattedrale di Sant’Isacco, per l’oro lucente delle sue cupole naturalmente, e per la sua mole, che rievoca un po’ il Pantheon di Roma e un po’ la cattedrale londinese di Saint Paul.Pare che dal suo tetto si goda di una delle viste più belle della città, ma rimaniamo delusi, perché nonostante la giornata sia splendida e il cielo sia terso, non è moltissimo quello che si scorge da lassù: una sconfinata distesa di palazzi e vie, dove un tempo era tutta palude, l’Ermitage, poi la Neva appena ai nostri piedi e in fondo sull’orizzonte le enormi gru del porto commerciale.Come mai la seconda cattedrale ortodossa più alta della Russia, nonché una delle cupole più grandi al mondo siano consacrate a Sant’Isacco è facile da comprendere: Pietro il Grande nacque nel 1672, il 30 maggio, proprio nel giorno dedicato al Santo, che fu monaco di Bisanzio nel IV secolo d.C.E nei pressi della Cattedrale, il Cavaliere di Bronzo, come lo definì Puskin nel suo celebre poema. Si tratta del monumento equestre di Pietro I, di dimensioni colossali, per l’altezza della statua di oltre 6 metri e per quella del piedistallo di granito di circa 7 metri, in assoluto la pietra più grande mai spostata dall’uomo. Fu voluto da Caterina la Grande per sancire il suo legame con i Romanov, lei prussiana, che divenne imperatrice per matrimonio e per sotterfugi, che detronizzò e fece uccidere il marito e regnò per oltre 30 anni secondo i principi illuministi, dando alla Russia uno dei periodi di maggiore splendore, seppure in un regime di dispotismo illuminato.Ed eccola allora la protagonista, Caterina la Grande, alta oltre 4 metri, in un piccolo, ma grazioso giardino lungo la Prospettiva Nevsky, con scettro ed ermellino, circondata dalle principali personalità dell’epoca che contribuirono all’età d’oro dell’Impero Russo, tutti suoi amici, amanti e complici. L’elegante spazio verde attorno al monumento, detto familiarmente Katkin sadik, è stato, durante il periodo sovietico, tra mille precauzioni e giustificati timori, punto di ritrovo per gli omosessuali di San Pietroburgo.
La fatalità tutta russa vuole che questo monumento sia stato fatto erigere nel 1862 da Alessandro II, lo zar delle grandi riforme, colui il quale abolì la servitù della gleba contro la quale fu proprio Caterina II la prima a pronunciarsi, già nel 1762, 100 anni prima, in un discorso pubblico pochi giorni dopo il suo insediamento.
E sempre per fatalità Alessandro II fu ucciso durante un attentato, a poca distanza da qui, sull’altro lato della Prospettiva Nevsky, dove una splendida chiesa con 5 coloratissime cupole a cipolla, differenti tra loro per dimensioni e altezza, si sporge pericolosamente sul Canale Gribaedova per inglobare parte del selciato macchiato del suo sangue e prenderne il nome.La Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato è un’opera d’arte, talmente colorata all’interno quanto è impressionante all’esterno, completamente ricoperta di mosaici policromi e lucenti, piastrelle di ceramica e vetri colorati. Immediata è la sua vicinanza all’architettura russa medievale e alla Cattedrale di san Basilio di Mosca.Decidiamo di percorrere il Canale Gribaedova fino al ponte Bankovskij, uno dei simboli più famosi della città, con i suoi 4 grifoni dalle ali dorate, le cui fauci reggono i tiranti dell’intera struttura di metallo.Da questa prospettiva è possibile vedere la cupola dell’imponente Cattedrale di Kazan, i bei palazzi neoclassici che si riflettono sui canali e in fondo ancora le cupole della Chiesa appena visitata e della Dom Knigi, vistoso palazzo liberty, che ospita la più storica libreria di San Pietroburgo.Altra icona è l’orafo Fabergé con le sue splendide e preziosissime uova a sorpresa commissionate dagli zar in occasione delle festività pasquali. Attraversiamo il museo, all’interno di un palazzo magnifico sulla Fontanka, tra teche ricolme di sontuosi pezzi di argenteria, zuppiere, teiere, tabacchiere e portasigarette.Ma nella stanza blu 9 uova, delle circa 50 prodotte, quasi tutte con la propria sorpresa. Splendida la piccola carrozza ricca di dettagli e con gli sportelli perfettamente apribili, dono nascosto nell’uovo commissionato dallo Zar Nicola II per la moglie, l’imperatrice Alexandra Feodorovna, come ricordo del loro ingresso a Mosca il 26 maggio del 1897 per l’incoronazione.E le madreperle, le pietre preziose, i colori luminosi e sgargianti i piccolissimi dettagli, opere uniche nel loro genere.Tra quelle esposte anche l’ultimo uovo pasquale che lo zar Nicola II donò alla madre, l’imperatrice Maria Feodorovna, per nulla sfarzoso, anzi decisamente modesto rispetto ai precedenti, voluto appositamente più sobrio per esternare una certa austerità, in un periodo in cui si respirava già aria di Rivoluzione.Davanti a questo splendido oggetto è impossibile non prendere coscienza della caducità di un impero, anche il più superbo e straordinario, quale fu quello russo, è inevitabile la consapevolezza dello scorre del tempo e del mutare delle fortune e della storia.
Corriamo allora sull’Isola delle Lepri, lì dove tutto ebbe inizio, poiché primo insediamento della futura San Pietroburgo, e dove tutto ebbe fine, perché dalla sua fortezza fu dato l’ordine all’incrociatore Aurora di aprire il fuoco e dare il via all’insurrezione.Dopo aver ammirato la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, passeggiamo sui bastioni e ci fermiamo sulla sua spiaggia oltre le mura ad ammirare uno dei tramonti metropolitani più belli mai visti, mentre la Neva si colora di rosso e il verde pastello dell’Ermitage si accende di oro e di riflessi pieni di luce.

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