La luce piena torna a colorare di azzurro il cielo

È d’obbligo, perché si possa serbare un bel ricordo di viaggio e si provi sempre un po’ di malinconia, che il sole torni a splendere in tutta la sua pienezza il giorno in cui si è costretti a ripartire.
La mattina al risveglio uno strano silenzio proveniente dalla strada ci ricorda che è domenica e che c’è il tempo per fare qualsiasi cosa, anche tornare a San Ginés, per gustare ancora i churros imbevuti nella cioccolata densa e profumata di questo locale, così semplice eppure così affascinante. 

Terminata la colazione decidiamo di andare a visitare il palazzo reale, oramai disabitato, ma comunque il luogo in cui ancora oggi si tengono le cerimonie, le conferenze e gli atti ufficiali del regno. Con i suoi 135.000 mq è la più grande residenza reale d’Europa. L’assolutismo di questo enunciato ci fa pensare che probabilmente si riferisca ai palazzi che hanno mantenuto la destinazione d’uso, ossia quelli presenti in attuali monarchie. Quindi probabilmente se la gioca per dimensioni con Buckingham Palace (che pare essere grande la metà) e con quelli di Svezia, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi… vuoi che in questi posti freddissimi abbiano costruito, in maniera del tutto inefficiente, palazzi enormi e difficili da riscaldare in inverno? Cosa resta? Monaco? Forse tutto il principato di Monaco è di poche volte più grande di 135.000 mq. 

Consapevoli quindi del fatto che anche oggi cammineremo moltissimo cominciamo il giro dall’Armeria. Nel vedere gli oggetti in essa custoditi facciamo un salto indietro di diverse centinaia di anni, e tutto appare così epico e nella sua distanza temporale quasi fiabesco, alla luce soprattutto delle immagini di guerra che oggi giungono dall’Ucraina. 

La visita del palazzo inizia dal suo ingresso costituito da uno scalone in marmo su cui sovrasta una statua di Carlo III nelle vesti dell’imperatore romano, e passa poi per le sale affrescate dal Tiepolo e da Luca Giordano, dagli immancabili arazzi fiamminghi e dalle sculture barocche. Nella sala del trono si può leggere, esposto in una teca, il discorso con cui re Juan Carlos ha abdicato nei confronti del figlio, Felipe VI nel giugno del 2014. 

Sorridiamo ancora davanti ai ritratti di Goya del solito re Carlo IV e di sua moglie Maria Luisa, sempre loro, e sempre immortalati nell’espressione stupita di persone semplici, che hanno appena vinto alla lotteria. 

Cerchiamo la stanza cinese e non rimaniamo delusi: anche stavolta come da tradizione c’è, e qui anche con porte laccate secondo l’uso giapponese, per non farsi mancare nulla.

Pare comunque che la vera meraviglia di questo palazzo reale siano le cucine, poste nei seminterrati e per le quali è previsto addirittura il pagamento di un biglietto a parte. La curiosità ci divora: cosa potrà mai esserci di incredibile, che non si sia ancora mai visto?

Sono spazi molto ampi, adibiti a tutte le attività proprie della conservazione e preparazione dei cibi, e si possono trovare esposti tutti gli utensili e gli accessori degni di una cucina moderna. Ci sono stanze per il pane e la pasticceria, per la carne e la selvaggina, la carbonaia, ma anche la ghiacciaia in cui si preparava il gelato, di cui i re spagnoli erano golosi, fin dall’inizio del XV secolo. Ovunque casseruole, stampi in rame, marcati con simboli reali. E poi tante brocche di tutte le dimensioni per la cioccolata, messe lì a ricordarci che l’impero spagnolo aveva il dominio dei territori da cui provenivano le fave di cacao e di cui detenevano il monopolio.

Infine la stanza in cui erano custoditi i vini da abbinare alle pietanze e in cui veniva esposto il menù, che poteva consistere anche di 50 piatti diversi.  

La cosa curiosa è che la dimensione di questi spazi era giustificata non soltanto dall’ingente quantità di persone che vi lavoravano, ma anche dall’enorme quantità di pasti che dovevano essere preparati, per tutta la corte e anche per tutti coloro i quali gravitavano attorno ad essa e che vantavano un presunto diritto di scrocco perenne. Tutto questo fino a quando un qualche re illuminato, e gravato dai debiti soprattutto, non restrinse il menù e anche il numero dei commensali ammessi alla propria tavola. 

Terminato il giro è ora di andare a pranzo: ci accontentiamo di mangiare ancora del prosciutto e degli asparagi di stagione, in modo da avere il tempo di terminare i nostri acquisti.
Tra le ghiottonerie che proviamo a portare a casa: paleta e jamon de bellota, del torrone Vicens, e della cioccolata naturalmente.

Nel fare un giro a El Corte Ingles, per assicurarsi di non aver lasciato nulla di intentato, ci imbattiamo in una di quelle cose che ci fanno sorridere e ci sorprendono sempre piacevolmente. In questi tempi di sfrenato consumismo, animato da un timido ottimismo di fine pandemia, tra gli scaffali di un grande magazzino, teatro del nostro vivere collettivo, anche un paio di scarpe con dei ciondoli suscitano un’insospettata tenerezza. 

Siamo consapevoli di quanto poco possa bastare, perché abitudini, costumi e gusti possano apparire diversi: la confortante scoperta che un viaggio, anche piccolo, è pur sempre un’opportunità per osservare le molteplici sfaccettature di questa umanità che popola il nostro pianeta.

1 Comment

  • Greg 04/05/2022 at 22:45

    “un presunto diritto di scrocco perenne” – Top 🙂 Testi e foto sempre bellissimi, complimenti, un grande ritorno. Avidamente attendo ulteriori episodi.

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