È impossibile andare a visitare il Circolo d’Oro senza la consapevolezza di quanto sia importante per la teoria della Pangea e della tettonica a placche il Parco nazionale del Þingvellir.
L’impressionante e geologicamente instabile fossa tettonica non è infatti soltanto il punto in cui per la prima volta gli islandesi decisero di darsi delle leggi e un ordinamento istituendo il primo parlamento, ma è soprattutto il luogo in cui avviene lo smembramento tra le placche continentali del Nord America e dell’Eurasia. Camminare comodamente lungo il percorso turistico tracciato tra le pareti di basalto alte 40 metri porta a considerare con leggerezza l’assoluta rilevanza di questo posto per la storia della geologia. L’Islanda tutta è frutto di questo disgregarsi della Pangea, è quanto emerso in superficie della dorsale medio atlantica, è la terra in cui le fiamme degli inferi risalgono e si mostrano a cielo aperto sotto il gelo del grande nord. L’isola è come se fosse un organismo vivente, il cui cuore ha cominciato a battere solo una ventina di milioni di anni fa, ha la crosta dilaniata da ferite da cui emerge la lava, come sangue, muore e risorge di continuo, si rinnova in un cambiamento senza fine.
Oltrepassata la tribuna del vecchio parlamento, risaliamo il corso del fiume Öxará, le cui acque di origine glaciale sono di un blu cristallino magnetico, e arriviamo alla cascata Öxarárfoss. È la nostra prima cascata in Islanda, e seppure di soli 20 metri, ci sembra bellissima e maestosa.
Restiamo ad ammirare ancora un po’ il panorama sul lago sottostante e ci rimettiamo in moto per raggiungere la seconda attrazione del Circolo d’Oro: l’area geotermica di Geysir, il sifone più famoso del mondo, quello che ha dato il nome al fenomeno eruttivo di acqua pressurizzata che, dopo aver raggiunto temperature superiori ai 100° C, erutta in colonne alte diverse decine di metri. Purtroppo la sua ultima performance vigorosa risale al 2000, e oggi bisogna accontentarsi del suo gregario, lo Strokkur, che non delude mai. I turisti sono assiepati lungo il perimetro di sicurezza tracciato tutto attorno e noi aspettiamo il nostro turno per arrivare in prima fila, come fossimo in un museo ad ammirare l’opera più importante esposta nelle sue sale. Fissiamo la beffarda bolla di acqua che lentamente si gonfia, cresce ed esplode, tra le urla di giubilo di tutti noi. Quando la colonna d’acqua si solleva si vede l’imbuto vuoto e si scorgono i suoi colori incredibili. Non ci accontentiamo di un solo giro, rimaniamo a fissare attoniti gli schizzi regolari di acqua più e più volte.
Poco lontano c’è la Gullfoss, il giusto coronamento di questo percorso turistico; nel suo nome c’è la parola oro, poiché al tramonto in una giornata limpida, l’acqua vaporizzata dalla ripida discesa dei suoi 2 salti restituisce il riflesso della luce del sole. Ma in estate i pomeriggi sono lunghissimi, sarebbe sfiancante aspettare il calare del sole, e così, nel fragore assordante, ci accontentiamo, si fa per dire, di un bellissimo arcobaleno generato dai prismi delle infinite goccioline d’acqua sospese, disperse dallo schiumare e gorgogliare del fiume Hvita.
Ci rimettiamo in auto, e attraversiamo campi e brughiere. Incontriamo le prime pecore, che pascolano libere a bordo strada, e in serata raggiungiamo Hella, piccolo centro di qualche centinaia di anime, che oltre la pompa di benzina e un paio di truck per il fast food, ha il merito di essere la stazione di partenza degli autobus diretti a Landmannalaugar, il nostro obiettivo per domani.
È anche il luogo abitato più vicino a Oddi, che in epoca medievale, era il maggior centro culturale ed educativo dell’isola, nonché il luogo in cui fu scritta l’EDDA in PROSA, il principale trattato di mitologia norrena. Ma questa è un’altra storia e non tutti i compagni di viaggio mostrano interesse per l’argomento, nonostante ancora oggi le avventure di Thor, Loki e Odino siano oggetto dei blockbuster della Marvel, nonostante alla tipologia di perifrasi di cui fa ampio uso, le kenningar, abbiano attinto a mani basse poeti moderni e scrittori del calibro di J.R.R. Tolkien, J.K. Rowling. Perfino Wagner, per la sua opera “L’anello del Nibelungo”, si lasciò ispirare dai miti raccolti nell’Edda. Ma queste sono tutte informazioni e approfondimenti che purtroppo non trovano alcun eco nell’auto in cui viaggiamo.
Del tutto inutile risulta anche l’accenno al fatto che questi siano i luoghi delle vicende della saga di Njál, l’avvincente racconto di una guerra tra clan dell’era vichinga, il più grande racconto epico d’Islanda, in cui il suo eroe, Gunnar, guerriero irrefrenabile, nel momento romantico della fuga guarda ancora una volta alla sua fattoria, ai “campi biondeggianti e i prati falciati” e decide che giammai vivrà in altro luogo. E muore, trafitto dalla spada del suo nemico, pur di non morire di nostalgia.
Riscuote invece successo la nota della Rough Guide che ricorda che questa è una delle principali aree di allevamento equino e nei paraggi c’è la più grande stazione di monta dell’Islanda. Ed eccoli i primi cavalli: sono un po’ più piccoli di quelli che siamo abituati a vedere, sono docili e amichevoli. Si avvicinano subito al recinto quando ci vedono andar loro in contro e si lasciano accarezzare mentre i raggi del sole e il vento giocano con l’oro delle loro folte criniere.
Io so tutto dell’anello dei nibelunghi c’era anche nei Cavalieri dello Zodiaco!
Patatino, queste si che sono citazioni colte, altro che le storie pallosette di Paola
[…] moderne civiltà fino a Wagner e Tolkien, nonché autore della tanto celebrata (e vituperata) EDDA in PROSA. È l’uomo del mito, perché nel rievocare le origini, ne varia e amplifica le vicende, […]
[…] Gli altri si trovano in Russia (nella regione della Kamchatka), in Cile, in Nuova Zelanda e in Islanda. Memori dello spettacolo dello Strokkur che eruttava ogni 10 minuti circa, non vogliamo perderci […]