Dopo aver trascorso una bellissima serata, che nulla lasciava presagire sul fronte meteo, ormai rodati nella routine di inizio giornata, la mattina del 5° giorno ci lasciamo cogliere da un’inattesa pioggia battente.
Eppure Vík, stando alle guide turistiche, offre panomari meravigliosi e noi vogliamo anche solo provarci.
In effetti, sopra la collinetta che sovrasta il piccolo villaggio, il tetto rosso della chiesa luterana si staglia nitido su una vista incantevole, un mondo fatato interamente in bianco e nero: la spiaggia nerissima e una serie di faraglioni appuntiti di roccia lavica che si distinguono appena in un cielo grigio, gravido si pioggia. L’atmosfera ovattata è resa ancor più surreale dalla completa assenza di luce solare. Il promontorio a est, che offre riparo a molteplici colonie di uccelli marini, assiste in silenzio all’assordante schiumare delle onde. Una passeggiata sulla sabbia lavica consente comunque di godersi il mare con quel sano senso di solitudine che si prova in Islanda, e sfidare la sorte, ignari del fatto che qui le onde possano alzarsi in maniera imprevedibile spingendosi parecchio verso l’entroterra e risucchiare e trasciare qualsiasi cosa a largo, aiutate da potenti risacche. La magia di questo luogo è proprio in questo: in una luce pallida e incerta e in un’inquietitudine appena percepita.
Imprechiamo solo un po’ contro il brutto tempo e il vento e ripartiamo.Passiamo sopra ampi campi di lava ricoperti da mordido muschio, che celano la storia della terrificante eruzione del Laki del 1783, uno degli eventi più catastrofici dell’isola, che avrebbe a tal punto influito sulle radiazioni solari, a causa dell’immane quantità di ceneri e anidride carbonica immesse nell’atmosfera, da determinare un sensibile raffreddamento del clima, e di conseguenza, sull’intero emisfero boreale, scarsi raccolti, carestie ed epidemie. La rabbia, la disperazione, la forte insoddisfazione e la violenza che ne scaturirono costituiscono per alcuni studiosi la scintilla della Rivoluzione Francese. Ma ci sono ancora degli scettici, che restano cauti nell’attribuire a un’eruzione vulcanica il destino della politica e degli uomini.Raggiungiamo il parco di Skaftafell, e scorgiamo in lontananza il signore di tutti i ghiacciai, il Vatnajökull, il più grande del mondo, se si escludono le calotte polari. Ne percepiano la maestosità, anche se da qui è difficile intuirne le reali dimensioni. La sua propaggine, quella a noi più prossima e verso cui vediamo incamminarsi esploratori muniti di ramponi, è il Svinafellsjökull, di cui esistono riprese impressionanti di Cristopher Nolan effettuate per il film Interstellar, quello in cui Matthew McCanaughey approda su un nuovo pianeta ostile.
Ci avviamo sul sentiero che in mezz’ora ci porta fino alla cascata di Svartifoss, in cui l’acqua lambisce alte pareti di basalto nero. La portata non è certo impressionante e neanche la sua altezza è degna di nota. Tutto il nostro interesse è qui rivolto alle colonne nere esagonali di basalto che fanno da sfondo all’acqua, e alla perfezione con cui la natura riesce a plasmare queste rocce. Riprendiamo l’auto e ci avviamo verso la spiaggia nera di Breiðamerkursandur, meglio nota come la Spiaggia dei Diamanti. La pioggia e il vento sono ora divenuti estenuanti, ma nonostante questo ci avventuriamo in una breve passeggiata tra i ghiacci. Gli scatti fotografici si fanno fugaci e abbandoniamo il sito velocemente, per risalire parte della laguna su cui fluttuano piccoli iceberg e tra le cui acque si crogiola una colonia di foche. Lo Jökulsárlón sarebbe un posto in cui trascorrere ore, perché lo spettacolo è di quelli assolutamente inediti, e nulla, neanche le descrizioni più accurate, riescono a fornirne un’idea. Il pensiero che occupa la nostra mente e stringe il cuore è dato dalla consapevolezza che ciò che scorre davanti ai nostri occhi è la prova evidente dello sciogliersi dei ghiacciai, che quelli che galleggiano sono membra di un corpo in agonia. Che probabilmente in meno di 2 secoli non esisterà più. Ineluttabilmente la natura in Islanda è anche questo: cambiamento. Ci serve una doccia bollente e una cena a base di aragoste e scampi per risollevare il morale.
Non ci resta che correre a Höfn e cercare un buon ristorante caldo e accogliente.
Bello, però ancora non ho visto dei troll 🙂
Le focheeeeeee che meraviglia! Hai constatato di che colore siano Paolinaaa?
Testa nera e splendidi bafoni grigi, occhi a palla e sguardo curioso.