Eppure l’Islanda non è un mito, è parte della crosta terrestre

Il forte vento che oggi soffia dal mare sembra voler spazzare via, assieme alle nuvole, anche tutti i nostri pensieri, mentre complice la luce piena di queste lunghe giornate di fine estate non lascia spazio a ombre di alcun genere né a tracce di malinconia.
Girovaghiamo come storditi per le vie di Reykjavík alla ricerca di souvenir, ma i Lopapeysa, quelli originali, prodotti in Islanda con lana di pecore islandesi, risultano veramente troppo cari. Optiamo per le solite calamite, per qualche maschera con le acque silicate della Blue Lagoon, cioccolata, deliziosa uva passa ricoperta di cioccolata fondente e liquirizia, tanta liquirizia.
Ci cimentiamo nello scatto perfetto delle vetrate colorate del Teatro dell’Opera Harpa, che riflettono i raggi del sole e, attraverso le sue finestre esagonali, rimaniamo a guardare il porto. Ci sono i pescherecchi e le casse di plastica colme di merluzzo in ghiaccio, ma non scorgiamo alcuna baleniera con la H rossa dipinta sullo scafo.
Con la guerra in corso in Ucraina è impensabile oggi non passare a vedere la Höfði, la sede dell’incontro al vertice tra Michail Gorbačëv e Ronald Reagan nel 1986, voluto per discutere di pace e disarmo. Oggi a pensarci sembra relegato a un passato remoto, pur essendo trascorsi circa 35 anni, meno di quanto sia durata la Guerra Fredda.
Poi ancora indecisi puntiamo a fare un ultimo bagno alla Sky Lagoon, a cui però senza prenotazione è impossibile accedere. Restiamo ammaliati dalla promessa di panorami in cui le fumanti acque termali si confondono all’orizzonte con drammatici scorci dell’Oceano Atlantico.
Visitiamo il Museo del Pene, per pura finalità antologica, e le varie curiosità esposte ci lasciano abbastanza indifferenti, che si tratti di organi veri conservati in formaldeide o essiccati o di rappresentazioni originali.
Sulla via per l’aeroporto indossiamo i nostri migliori calzini acquistati lungo la strada a inizio viaggio, e troviamo il tempo per un ultimo brindisi a base di mimosa, pensando a quando sarà possibile ritornare, magari in inverno, sotto i cieli dell’aurora boreale..
In aeroporto a Zurigo in attesa del volo per Milano scorriamo ancora una volta sui nostri display le immagini di questa isola, così reale, così materiale, mentre inerti assistiamo già alla mutazione delle immagini concrete in ricordi.

Solo il giorno dopo, la percezione di trovarci sotto un cielo diverso, sotto una luce diversa ci dà la consapevolezza della distanza. Ciò che ci consola comunque è che trattasi pur sempre di un altro pezzettino di crosta terrestre, seppur remota, di questo splendido pianeta Terra.

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