Dundee è sulla foce del fiume Tay che la separa dal Fife, una lingua di terra protesa nel Mare del Nord, costellata di adorabili villaggi di pescatori tra cui spicca l’incantevole città di Saint Andrews, sede della più importante e antica università della Scozia. Per comprendere cosa abbia di speciale questo ateneo, dovremmo indulgere, almeno per un attimo, nella storia a tinte rosa della giovane coppia reale William e Kate, che proprio qui mossero i primi passi. Pare che l’attuale principessa del Galles fosse già iscritta da un anno all’università di Edimburgo, prima di iscriversi alla facoltà di storia dell’arte alla St Andrews, così come da piani della madre Carole, da sempre desiderosa di sistemare le figlie con rampolli dell’alta società. Ma in realtà, Kate era solo una delle tante ragazze che arrivarono all’ateneo nell’anno di immatricolazione del figlio di Carlo e Diana, il 2001, che fece registrare un picco di iscrizioni, soprattutto, si dice, di ragazze desiderose di incontrare il futuro re, allora scapolo d’oro.
La scuola è stata fondata nel XV Secolo e ha tutte le caratteristiche architettoniche del maniero scozzese, una sorta di Howgarts per studenti universitari, ma senza arti magiche.L’elegante cittadina, nota in tutto il mondo come la culla del golf, situata su un’ampia baia del Fife, conserva ancora le rovine di un castello e di una cattedrale, un tempo la più grande di tutta la Scozia. Poco distanti l’uno dall’altra, entrambi a strapiombo sul Mare del Nord, furono spettatori degli episodi più cruenti della Riforma. La Cattedrale è lì a sfidare il vento e i marosi da almeno 7 secoli e ce lo rammentano lo scheletro della grande vetrata del fondo della navata centrale, sotto la quale erano conservate le reliquie del protettore della Scozia, Sant’Andrea, portate qui dalla Grecia, la Torre di San Regolo (il santo custode delle ossa stesse, che intraprese il viaggio da Patrasso per edificare qui una chiesa attorno ad esse) e un’imponente porta medievale, che un tempo era l’ingresso al monastero. Sul prato verdeggiante su cui passeggiamo affiorano pietre tombali, testimoni anch’esse dell’antico splendore e della fama di questi luoghi.
Le nuvole basse che si addensano sulle nostre teste non fanno ben sperare, e la visita dei piccoli villaggi della costa non più aspettare; lasciamo St Andrews alla volta di Crail, il punto più orientale dell’East Neuk (“angolo” in scozzese) e di questo nostro tour della Scozia.Elevata al rango di città reale da Robert the Bruce, Crail è cresciuta attorno al suo piccolo porto, ancora oggi ingombro di reti da pesca. L’ansa creata dai bracci in pietra della sua banchina e la spiaggia sabbiosa poco oltre sono circondate da case di pescatori, e più in alto da eleganti dimore mercantili, nei cui frontoni ricurvi si può rintracciare l’influenza fiamminga, frutto dei forti legami e degli intensi scambi commerciali con i Paesi Bassi fino al XVIII Secolo. Restiamo per un po’ a scrutare l’orizzonte in attesa che qualche peschereccio torni carico di astici e granchi, ma nulla sembra distogliere il vento e la marea dal ricreare delle piccole piscine tra gli scogli poco lontani dalla costa.
È quasi ora di pranzo e Anstruther, antica capitale dell’industria delle aringhe a 4 miglia più a sud, promette il miglior fish&chips del Fife. Un violento acquazzone si abbatte con furia su di noi nel momento in cui cerchiamo le monetine per l’unica macchinetta da parcheggio in tutta la Scozia, che non accetti le carte di credito e arriviamo fradici al nostro appuntamento con l’eglefino e le patatine fritte. Ma non c’è nulla che non possa essere tralasciato davanti a una buona birra e un po’ di autentico junk food, perché diciamocelo e senza alcuna riserva, non è che il cibo scozzese abbia finora mai registrato discontinuità nel suo bassissimo valore nutrizionale e nell’elevato contenuto di grassi saturi.
Dopo pranzo passeggiamo per un po’ sulla spiaggia su cui è tornato a splendere il sole e osserviamo gli studenti, da poco usciti da scuola e con ancora addosso le divise, e le famiglie scozzesi godersi l’aria tonificante e il tepore di questa giornata di fine estate. Pescherecci dall’aria vissuta si alternano a reti da pesca stese ad asciugare e a boe variopinte corrose dal mare.
Ripartiamo per Elie, che dista poco più di 5 miglia in direzione sud ovest lungo la costa di quest’ampia foce, che è quasi un fiordo, del fiume Forth. Elie, tranquilla località balneare fin dalla fine del Settecento è un tutt’uno con il vicino villaggio di Earlsferry, lungo una sabbiosa insenatura al riparo da un piccolo faro bianco. Il tempo sembra possa fermarsi in questi posti così remoti, di cui non ne sospettavamo neanche l’esistenza, e in cui è possibile godersi un’insolito orizzonte, interrotto solo da lucenti piattaforme petrolifere, e senza che questo possa in alcun modo sorprendere nessuno.
Ripartiamo prima che la luce possa spegnersi velocemente dietro le colline del Perthshire e andiamo a Falkland, nota per il suo palazzo, ritiro di campagna degli Stuart per circa 200 anni, il suo primo campo da tennis su cui si cimentò perfino Maria Stuarda, dando scandalo indossando un paio di pantaloni, e per essere il posto in cui sono girate le prime scene del telefilm Outlander. Riconosciamo la piazzetta in cui proprio all’inizio delle vicende i due protagonisti arrivano durante la loro seconda luna di miele.
Esausti raggiungiamo il confortevole bed&breakfast che abbiamo prenotato a Pitlochry, nel cuore delle Highlands, poco distante dalle altre attrazioni che abbiamo in programma per l’indomani.
La mattina dopo, prima ancora che siano stati aperti i cancelli ai visitatori, raggiungiamo il Blair Castle. Considerata tappa imprescindibile e pubblicizzato ovunque, lo riconosciamo immediatamente nella sua facciata tutta imbiancata a calce. Il tour attraverso le sue 30 stanze che raccontano oltre 700 anni di storia scozzese ci porta nuovamente a viaggiare nel tempo, avanti e indietro nei secoli, tra il periodo giacobita e il regno della regina Vittoria. Districarsi nell’avvicendarsi dei vari proprietari fino all’attuale Duca di Atholl, appartenente al clan Murray, e nella loro costante lealtà alla corona, orientarsi tra il passaggio degli Stuart e la visita dell’ultima sovrana del Casato di Hannover nel 1844, ci richiede un enorme sforzo di conoscenza e memorizzazione del contesto storico e politico di questo Paese. Ci restano impresse nella memoria 2 cose: dopo aver visto questo posto la Regina Vittoria e il Principe Alberto innanzi tutto desiderarono a tal punto una residenza in Scozia che 4 anni dopo affittarono per la prima volta il Castello di Balmoral che acquistarono poi nel 1852, facendone il rifugio scozzese della famiglia reale ancora oggi; poi diedero il permesso di formare gli Atholl Highlanders, un reggimento di fanteria non ufficialmente parte dell’Esercito Britannico, ma posto sotto il diretto controllo del Duca di Atholl, l’unico esercito privato legale d’Europa.
Dopo una strabiliante collezione di armi, centinaia di trofei, stucchi rococò, un letto ornato di piume di struzzo, sovrabbondanza di quadri e arazzi, in uscita ancora un’intera stanza di piatti e zuppiere e poi il suono di una cornamusa proveniente dal piazzale antistante l’ingresso. Una leggera pioggerellina e la bulimica indigestione di cose e storie ci spingono a tralasciare gli oltre 10 acri di parchi e giardini per correre verso il Doune Castle. Si tratta di una vera e propria fortezza medievale, tra quelle meglio conservate del Paese, con un sorprendente corpo di guardia alto 30 metri, ma dopo i magnifici arredi delle sale del Blair Castle, gli ambienti spogli e completamente privi di decori falsano la percezione della grandezza e importanza di questo posto, che è comunque noto perché è stata la location delle scene cult del Santo Graal dei Monthy Pyton, dell’episodio pilota di Games of Thrones, di alcuni capitoli di Outlander e nel 2018 del film per Netflix Outlaw King.
È considerato il castello del “Re senza Corona”, perché apparteneva a Robert Stewart, Duca di Albany, che a fasi alterne governò il Paese al posto del fratello Giovanni prima e del nipote Davide poi, fino al 1420, senza diventare mai re. Divenne poi negli anni ’60 e ’70 del 1500 prigione per i sostenitori di Maria Stuarda, e nel 1745, durante le rivolte giacobite, Bonnie Prince Charlie l’occupò e vi ricondusse i prigionieri catturati tra le truppe governative sul campo di battaglia di Falkirk, al termine del gennaio del 1746, dove riportò l’ultima vittoria, prima della disfatta definitiva 3 mesi dopo a Culloden. Tra questi c’erano anche Jonh Home, controverso drammaturgo, e John Witherspoon, ministro religioso che fu uno dei “padri fondatori” degli Stati Uniti d’America e uno dei firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza statunitense, nonché presidente del collegio presbiteriano del New Jersey, divenuta nel 1768 l’Università di Priceton. Furono loro a concepire un’ardita fuga calandosi con delle lenzuola annodate lungo le torri del castello.
Siamo nelle Lowlands centrali, storicamente la zona più importante della Scozia dal punto di vista strategico e, poco distante da qui, a circa 15 minuti di auto, si trova il tanto raccomandato castello di Stirling, dove sembra che ogni cosa ebbe inizio. È meta turistica imprescindibile, e chi siamo noi per sottrarci a cotanta ineluttabilità. Ci arriviamo anche abbastanza stressati dall’idea che questo posto abbia avuto un ruolo di capitale importanza, che racchiuda in sé il nodo della storia, (SPOILER:) che sia il luogo in cui nacque Giacomo VI, figlio di Maria Stuarda, il primo re di Scozia e Inghilterra. Il re (Giacomo VI di Scozia detto anche Giacomo I d’Inghilterra), allontanato sin da piccolo dalla madre, fu allevato nella fede anglicana e non in quella cattolica, di cui era fervida credente Maria Stuarda, proprio perché potesse aspirare a diventare un re inglese. Ben lontano dalle idee politiche e religiose della madre, Giacomo I scelse di regnare seguendo la linea di Elisabetta I, sotto la guida del suo abile consigliere Robert Cecil. Tentò sempre, anche se con scarsi risultati, di conciliare le due religioni, ma la Riforma protestante lo pose dinanzi a una nuova e inaspettata sfida: la nascita della Chiesa presbiteriana, un fenomeno tutto scozzese in cui il fervore diventa fanatismo, il misticismo follia visionaria, la caparbietà intolleranza e l’anelito alla libertà e all’indipendenza aggressività. Tale dottrina rappresentò il massimo dell’interferenza religiosa in materia civile e i dissenzienti non furono più solo privati dei sacramenti, ma puniti dall’autorità di stato. Alla sua morte, lasciò al figlio Carlo I d’Inghilterra, un Paese dilaniato dalle differenze e sull’orlo della guerra civile.
Il racconto che Stefan Zweig fa di quest’epoca e delle due regine, Maria Stuarda da una parte ed Elisabetta I dall’altra, ci accompagna da giorni. E sono queste le storie che ripassiamo mentre scaliamo il ripido pendio che porta all’ingresso del castello, appollaiato su uno sperone di roccia alto 75 metri. Qui gran parte delle aree che lo compongono sono state restaurate nel tempo, alcune rifatte esattamente com’erano in origine e ci è difficile riconoscere cosa sia autentico e cosa ci si avvicina soltanto. I blasoni e gli stemmi sono stati ravvivati dall’uso di colori sgargianti, nelle sale sono disposti mobili e arredi appositamente realizzati per somigliare a quelli che dovevano trovarsi qui nel XIV e XV Secolo, alcuni attori in abiti d’epoca intrattengono ingenui visitatori e bambini sorridenti, diorami di servi e cibi in pura plastica nelle cucine, l’immensa Great Hall, che un tempo ospitava il primo parlamento scozzese, una volta caduta in disuso sotto Giacomo VI e utilizzata come stalla e accampamento di soldati, è stata restituita al suo vivido giallo ocra, mentre la sua impressionante struttura in legno sembra sia stata appena liberata dalle impalcature dei costruttori. Ci troviamo spesso in disaccordo con questo tipo di ricostruzioni che, per quanto oneste e in buona fede, frutto sicuramente delle più accurate ricerche, soffocano il respiro della storia e il gusto dell’immaginazione. Percorriamo così gli ampi spazi a larghe falcate e andiamo a vedere il palazzo dall’esterno, che è riccamente decorato con figure grottesche e sculture rinascimentali risalenti alla metà del XVI Secolo. Tra questa una statua barbuta di Giacomo V vestito da cittadino comune e, sul lato rivolto verso l’Inghilterra, personaggi mostruosi, nel tentativo di intimorire il nemico di sempre. L’architettura degli edifici riflette lo stile e i gusti di 3 secoli di storia, le influenze tedesche, inglesi, francesi e perfino portoghesi, nonché le ambizioni internazionali degli Stuart.
Poco distante dal castello di Stirling c’è il Rough Castle, uno dei forti eretti dai romani a difesa del Vallo Antonino, la frontiera più settentrionale dell’impero romano costruita nel 142 d.C., presto abbandonata in favore della difesa del Vallo Adriano, costruito 20 anni prima, più a sud dell’odierno confine tra Scozia e Inghilterra. Ma ne abbiamo abbastanza, almeno per oggi, di rocche e castelli, quindi optiamo per il Falkirk Wheel, opera ingegneristica molto più recente inaugurata nel 2002 che, nel ripristinare la via fluviale tra Glasgow ed Edimburgo, ha lo scopo di superare i 35 metri di dislivello tra due canali: lo Union e il Forth and Clyde. Assomiglia a un gigantesco artiglio di metallo collegato a un argano; è un’ascensore rotante che in circa 5 minuti consente alle barche di spostarsi da un canale all’altro, sostituendo in parte il sistema di chiuse preesistente e impiegando uno sforzo energetico risibile, poiché sfrutta il vecchio principio di Archimede per i corpi galleggianti (ogni corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido – liquido o gas – riceve una spinta verticale dal basso verso l’alto, uguale per intensità al peso del fluido che occupa nel volume spostato).
In ogni caso quando vi arriviamo la ruota è oramai spenta: non è previsto che si passi da un canale all’altro dopo le 4 del pomeriggio, quindi restiamo ad ammirarla per un po’, mentre la luce si fa sempre più tenue.
C’è oltre un’ora di strada ancora fino a Edimburgo, ma prima vogliamo vedere il Forth Rail Bridge, la cui immagine da cartolina è presente su tutte le guide turistiche della Scozia. Inaugurato alla fine del XIX Secolo è tra le massime opere di ingegneria vittoriana ed è espressione di eleganza e potenza, per la sua possente struttura metallica che poggia su tre piloni. E poi è rosso, come l’ancor più noto Golden Gate.
Ci godiamo la pace di questo lento tramonto nella piccola cittadina di South Queensferry, antico borgo reale testimone del varo del primo traghetto al mondo, che oggi esprime il fascino del tempo trascorso tra le antiche dimore simili a cottage di pescatori con vista sul fiume.
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